Altro che fair play: il rapporto tra professionisti è peggiorato negli anni
di Mario Alberto Catarozzo
Esisteva un tempo in cui tra professionisti di studi diversi regnava un codice non scritto di rispetto reciproco. Avvocati, commercialisti, consulenti si confrontavano con correttezza, condividevano esperienze, si sostituivano in caso di necessità. Quella colleganza, fatta di stima professionale e solidarietà di categoria, sembra oggi un ricordo sbiadito. I rapporti tra professionisti che operano in studi differenti sembrano drasticamente peggiorati, trasformandosi in una competizione spesso aggressiva e priva di scrupoli, dove le regole deontologiche vengono sistematicamente ignorate in nome del profitto personale.
Il declino della colleganza professionale
La colleganza professionale, intesa come quel legame di rispetto e collaborazione che dovrebbe unire chi esercita la stessa professione, rappresentava un tempo il collante della comunità professionale. I rapporti tra colleghi di studi diversi erano regolati da principi di correttezza, trasparenza e mutuo sostegno. Ci si scambiava pareri, si collaborava su casi complessi, ci si rispettava nella competizione per acquisire nuovi clienti.
Oggi questo scenario è radicalmente mutato. La pressione economica crescente, la saturazione del mercato professionale e l’erosione progressiva dei compensi hanno innescato una competizione feroce. Il collega dello studio concorrente non è più un pari con cui confrontarsi, ma un avversario da battere. Le conseguenze di questo cambiamento culturale sono evidenti e dannose per l’intera categoria.
Modi aggressivi e mancanza di disponibilità
Una delle manifestazioni più evidenti del deterioramento dei rapporti professionali è l’adozione di comportamenti sempre più aggressivi. Non si tratta solo di una normale competizione di mercato, ma di vere e proprie strategie ostili che violano i principi della correttezza professionale.
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