“Algoritmo controllo - Imitation of consciousness”- Episodi 13 e 14
di Tommaso Landi
Episodio 13 – Nutrirsi.
Cernobbio, 15 settembre h.21.
I pasti frugali di Varga erano un rito asettico.
Seduto al tavolo dalla geometria perfetta che aveva voluto fosse portato nella sua camera, consumava la cena frugale con gesti misurati.
Ogni boccone veniva masticato un numero prestabilito di volte e deglutito in silenzio; ogni compressa e ogni integratore venivano ingoiati con la stessa determinazione che un atleta avrebbe dedicato al proprio allenamento.
Sul tavolo, accanto a un bicchiere di soda riempito fino a metà, le pasticche erano disposte in ordine, divise per forma, dimensione e colore, non per scopo: una sequenza estetica che Varga seguiva scrupolosamente, come se un’imprecisione nella disposizione dei farmaci potesse disturbarne l’efficacia.
Fuori dal cono di luce fredda che accoglieva il desco, la suite era avvolta dal buio. I tendaggi di seta pesante smorzavano il chiarore che riverberava sul piano di cristallo del tavolo in modo morbido, proiettando sottili ombre sui mobili d’epoca e sulla tappezzeria ricamata.
I tappeti spessi inghiottivano i rumori, rendendo ogni movimento silenzioso. Accanto al piatto di portata non c’era nulla di superfluo, oltre al bicchiere di soda, poggiato su un circoletto d’acciaio, non un fiore, nulla di vivo che portasse una nota di colore in un ambiente glaciale.
Dal letto perfettamente rifatto, ai ripiani del bagno ordinati con cura, tutto raccontava di un controllo quasi chirurgico.
Varga non assaporava nulla di quella cena, nutrirsi per lui era solo un dovere.
Dalle grandi finestre il lago notturno si stendeva come una coperta nera e immobile, simile a quella che aveva voluto poggiata sul suo letto, ma lo spettacolo malinconico non lo toccava.
Un tenue profumo di agrumi e spezie, proveniente dal bagno, fluttuava nell’aria: un soffio di vita inconsueto in una stanza altrimenti sterile.
Beveva la soda con calma misurata, ma i suoi occhi tornavano spesso sul computer chiuso sul tavolo, era il suo modo di tenere tutto sotto controllo.
Improvvisamente qualcosa cambiò nell’aria.
Varga rabbrividì senza un motivo apparente, come se avesse percepito un’anomalia nell’atmosfera che lo circondava.
Sollevò gli occhi e vide un’ombra dai confini incerti stemperati dall’oscurità che avanzava verso di lui.
I passi dell’uomo che gli si avvicinava erano impercettibili sul tappeto.
La figura si fermò accanto al tavolo, le mani unite dietro la schiena, rimanendo, ritta e immobile, in silenzio per un lungo attimo.
«Mi dispiace disturbarla ma ci sono novità»
Lo sguardo di Varga incrociò quello dell’uomo in tuta mimetica nera. Le vetrate scure di fronte a loro, incorniciate da pesanti tende, riflettevano l’immagine del colloquio come tra le quinte di un grottesco palcoscenico.
La guardia in mimetica parlò con voce bassa e ferma: «Signor Varga, Di Lauri, il responsabile della sicurezza, è fuggito dall’albergo. Dellandito era con lui.»
Varga aggrottò appena le sopracciglia. Il suo volto rimase impassibile. Nel silenzio che seguì, il cuore non gli batté più forte, ma i pensieri iniziarono a correre febbrilmente, lungo la nuca sentì salire una tensione sottile.
«E con questo? Possiamo sapere dove si trovano in ogni momento … possiamo sapere dove tutti si trovano in ogni momento, quei due non sono una minaccia».
«Ciò che ci preoccupa è altro, i nostri sistemi hanno rilevato che alcuni file sono stati scaricati su una chiavetta USB. La firma crittografica indica che è stato Di Lauri a estrarli.»
Varga tenne gli occhi fissi sul bicchiere di soda, come se nella sua trasparenza potesse leggervi il futuro.
Si limitò ad annuire lievemente. Non chiese quali file fossero stati copiati, né tentò di ottenere spiegazioni.
Alzò appena la mano destra e l’appoggiò sul bracciolo della sedia, percependo la fredda durezza del metallo.
L’unico suono che produsse fu un sospiro quasi impercettibile.
«Prepara il piano di emergenza. Non voglio sorprese», disse infine con voce gelida.
L’uomo in mimetica annuì ossequioso e si avviò verso l’uscita; quando la porta si chiuse Varga rimase solo con le proprie ombre e il lago di basalto oltre il vetro. Le luci di Torno tremolavano in lontananza come stelle morenti cadute dal cielo.
Episodio 14 – L’incontro chiarificatore.
Como, 16 settembre h. 08:00.
La notte era stata tormentata e non certo a causa del Montblanc eccellente di Anna, una vera nuvola di panna montata e crema di marron glacé.
«Buon giorno. Come hai dormito?»
«Non bene, Anna».
«Anch’io non ho chiuso occhio. Hai un piano per oggi?»
Dellandito scosse il capo: «Faccio colazione fuori, vuoi venire? Ho appuntamento con Bryan? Era lui il paramedico che è intervenuto ieri.»
«Preferisco di no, dove vai?»
«Al solito posto.»
«“Il Glicine”, non mi sorprende, comunque è veramente curioso che sia stato Bryan il primo a intervenire, cosa hai in mente di chiedergli?».
«Ho un certo sospetto che vorrei approfondire, devo mettere in ordine le idee per capire cosa devo fare.»
«Cosa dobbiamo fare», lo corresse Anna dandogli un bacio sulla guancia, «ci sono dentro come te… Ah! Al Glicine ordina anche quella torta al mirtillo che ami tanto, ti mette sempre di buon umore.»
«Lo farò. Torno prima di pranzo.»
«Ok. Ti preparerò il tonno in crosta di pistacchi, cucinare mi aiuta a riflettere e mi rilassa.»
«Lo so, e per me è una gran fortuna, pensa che tristezza se per scaricare lo stress andassi a correre.»
§§§§
L’aria della sala da tè, intrisa del profumo di earl grey, era un efficace balsamo per i nervi tesi di Dellandito.
Seduto al tavolo d’angolo, l’avvocato non aveva toccato il suo espresso ormai freddo.
Si limitava a fissare il piattino di porcellana sottilissimo ed elegante, simile a un’ostia, chiedendosi se il mondo fosse altrettanto fragile visto che si stava frantumando con silenziosa indifferenza.
La porta scivolò piano e un uomo entrò senza farsi notare.
Bryan Pontiggia, paramedico dell’unità di emergenza territoriale e amico di vecchia data, avanzò veloce verso il tavolo. Indossava la divisa rossa con la targhetta “118 – Soccorso Sanitario”; aveva gli occhi stanchi, probabilmente per lui il turno di notte era finito da poco.
Si sedette di fronte a Dellandito senza chiedere permesso, lasciando cadere pesantemente la sua borsa da soccorso accanto al tavolo.
«La colazione la paghi tu, se non avessi insistito ora sarei già a letto.»
Dellandito accennò un sorriso teso: «Grazie per essere venuto così in fretta, Bryan». La sua voce era bassa, cortese e divertita. «Ho bisogno di capire come funzionano certe cose sulla chiamata di ieri a Villa d’Este.»
Bryan annuì, chiamò la cameriera e ordinò un cappuccio e un cornetto al pistacchio. «Capisco. Cosa vuoi sapere?»
«Perché ieri vi siete presentati in albergo senza che nessuno vi abbia chiamato? Non risultano telefonate in uscita né dal cellulare del morto», lo chiamò così per non far capire quanto Cho gli stesse a cuore, «né dal centralino dell’Hotel».
«E’ il futuro, bellezza, è stata una allerta automatica.»
Dellandito inarcò un sopracciglio: «Sarebbe a dire?».
«E’ il programma di telemonitoraggio che stiamo sperimentando con la Croce Rossa.»
Bryan si sistemò meglio sulla sedia di velluto, diede un morso al cornetto portato da una sollecita cameriera bionda, e iniziò a spiegare: «La telemedicina in ambito cardiologico funziona così: molti pazienti con problemi al cuore indossano sensori o hanno impiantato un piccolo dispositivo elettronico, come un pacemaker o un defibrillatore miniaturizzato. Questi dispositivi raccolgono continuamente i parametri vitali, il battito cardiaco, il ritmo, la saturazione del sangue, persino la pressione. I dati vengono trasmessi automaticamente, attraverso la rete mobile o Wi-Fi, a una centrale di monitoraggio medica.»
Bryan fece un leggero gesto verso il tablet che aveva posato sul tavolo, un dispositivo ultrapiatto con lo schermo acceso che mostrava grafici e numeri che si muovevano leggermente. «Vedi? Questo ormai è il nostro centro di controllo, niente più vecchie centraliniste acide in attesa del pensionamento», spiegò. «Ogni volta che il dispositivo del paziente rileva un valore critico, per esempio un’aritmia pericolosa, un abbassamento repentino di ossigeno o un arresto cardiaco in atto, scatta un allarme automatico.
Quel segnale viene inviato istantaneamente alla Centrale Operativa della Croce Rossa. Da lì, in pochi secondi, si attivano le ambulanze del 118 e io salto giù dalla brandina e inizio a correre. Ormai è tutto automatico: allarme, notifica medica, sveglia del Bryan di turno e partenza dell’ambulanza a sirene spiegate.»
Dellandito guardò il tablet con aria assorta, l’amico bevve un sorso di cappuccino. «Quindi tu mi stai dicendo che se il morto aveva un pacemaker cardiaco collegato a questo sistema, il suo cuore inviava costantemente dei dati in tempo reale a un centro operativo della Croce Rossa?»
Bryan appoggiò una mano sul tavolo. «Sì! Di solito, quando il sistema rileva un arresto o un’anomalia letale invia l’allarme»
«Ma secondo te è possibile un malfunzionamento. I dispositivi sono elettronici e comunicano via rete mobile. Se qualcuno interferisse con il segnale potrebbe ottenere effetti imprevedibili sul paziente?»
Bryan piegò la testa, riflettendo un istante: «È un’eventualità… in teoria nessun sistema è inviolabile. Questo servizio è gestito da una grande multinazionale della salute, la società BioHeliosMedica Worldwide, che ha vinto un appalto dal Ministero della Salute per tutto il territorio nazionale. Hanno fornito gli apparati e l’infrastruttura di rete per integrare pacemaker di loro produzione, sensori indossabili e centri di emergenza. A quanto ne so, tutto funziona bene: sicurezza dei dati, crittografia, protocolli medici rigorosi.»
Dellandito strinse gli occhi. «Ma se qualcuno volesse… sabotare il sistema?»
Bryan fece un lieve gesto alzando una mano nell’aria. «Allora i segnali arrivano tramite antenne, satellite e server gestiti da quella società. Se si riuscisse a mandare uno specifico input, questo potrebbe, ma guarda che è solo un’ipotesi! Far smettere di funzionare il dispositivo, dopo tutto stiamo parlando di ricetrasmittenti.»
Dellandito volle essere sicuro di ciò che aveva capito: «Quindi, dici che se un segnale venisse alterato, potrebbe interferire proprio con il pacemaker cardiaco di un singolo uomo?»
Bryan deglutì: «Non posso escluderlo. Il segnale è radio, un’interferenza mirata potrebbe causare una scarica anomala o un blocco nel circuito impiantato, ma quelli della BioHeliosMedica Worldwide sono persone serie, diamine, hanno vinto un appalto pubblico.»
Dellandito restò in silenzio. Le dita tamburellavano nervose sul tavolo, facendo tintinnare la sottile porcellana. Il paramedico gli posò una mano sul braccio. «Rilassati, avvocato. È fantascienza. I nostri ospedali e le ambulanze del 118 sono collegati ogni giorno a questi sistemi, non abbiamo mai avuto problemi. I parametri passano per server crittografati, poi arrivano ai tablet dei medici in forma anonima. È un meccanismo molto complesso, ci sono regole, solo in caso di allarme c’è una geolocalizzazione del segnale, è tutto gestito dall’IA…. comunque adesso è tardi, ti ringrazio per la colazione, ma ora devo proprio andare, sono distrutto e questa sera devo portare a cena la Teo, a proposito salutami Anna.»
Dellandito rimase di nuovo solo nel brusio del “Glicine” indeciso se alzarsi o ordinare un secondo caffè, il primo ormai era irrimediabilmente freddo, forse avrebbe ordinato anche la torta ai mirtilli.


