La versione definitiva del decreto correttivo, licenziata oggi dal Consiglio dei Ministri, mette la parola “fine” alla proroga degli 85 giorni prevista dall’articolo 67 del decreto-legge 18/2020 per gli atti impositivi dell’Agenzia delle Entrate.
A partire dal 31 dicembre 2025, data spartiacque individuata dall’articolo 22 del decreto, la sospensione dei termini nei procedimenti di accertamento non troverà più applicazione. Viene così meno una disposizione emergenziale che, nel tempo, era divenuta prassi ordinaria, prolungando i tempi a disposizione dell’Amministrazione per la notifica degli atti. La disposizione assume rilievo, da un lato, perché conferma ufficialmente l’applicabilità della proroga degli 85 giorni per gli atti emessi fino al 31 dicembre 2025, fugando ogni residuo dubbio interpretativo; dall’altro, per i suoi effetti immediati, ancorché destinati a interessare solo platee marginali di contribuenti. In ogni caso, essa rappresenta un chiaro segnale di ritorno al regime ordinario nei rapporti tra Fisco e contribuenti, spesso spiazzati da notifiche solo apparentemente “fuori tempo”.
Il decreto, oltre a questo segnale di “riordino”, interviene anche sulla disciplina del Concordato Preventivo Biennale, integrando le disposizioni già contenute nel Dlgs 13/2024. In particolare, si confermano per il biennio 2025-2026 le novità già introdotte con la bozza circolata a marzo, e già oggetto di commento su queste colonne: l’esclusione dei contribuenti in regime forfetario, il nuovo meccanismo di imposizione sostitutiva per i soggetti con scostamenti eccedenti gli 85.000 euro, l’introduzione del principio di adesione “congiunta” per i professionisti associati e la proroga del termine di adesione al 30 settembre (o al nono mese successivo per i soggetti “non solari”).
Il legislatore, tuttavia, ha introdotto anche alcune disposizioni integrative, contenute negli articoli 13, 14 e 15 del correttivo, che, seppur tecniche, meritano attenzione.
L’articolo 13 del correttivo interviene sugli articoli 15 e 16 del Dlgs 13/2024, relativi alla determinazione del reddito di lavoro autonomo e d’impresa oggetto di concordato, per prevedere che si tenga conto, in sede di calcolo, della deduzione del costo del lavoro incrementale. In altri termini, il reddito concordato potrà essere rettificato in diminuzione per effetto dell’agevolazione introdotta dall’articolo 4 del Dlgs 216/2023, che riconosce una maggiorazione forfetaria del costo del personale di nuova assunzione a tempo indeterminato, qualora si verifichi un effettivo incremento occupazionale. La misura è apprezzabile sotto il profilo sistematico, in quanto assicura che gli effetti premiali previsti dal legislatore per chi incrementa l’occupazione non vengano vanificati in sede di determinazione del reddito concordato. Resta tuttavia una previsione limitata nelle ricadute applicative, destinata a operare solo in casistiche circoscritte.
L’articolo 14 introduce un limite massimo al reddito oggetto di concordato per i contribuenti con profili di elevata affidabilità fiscale. In particolare, la norma stabilisce che la proposta di concordato non possa eccedere determinati scostamenti percentuali rispetto al reddito del periodo d’imposta antecedente all’ingresso nel CPB, con soglie differenziate in base al punteggio ISA attribuito al contribuente.
L’intento è chiaro: prevenire proposte “anomale” nei confronti dei soggetti fiscalmente affidabili, così da rendere il CPB più conveniente per costoro.
Più pragmatica appare infine la disposizione contenuta nell’articolo 15, che interviene sulle cause di decadenza dal CPB: viene esclusa la decadenza automatica per omesso versamento delle imposte concordate qualora il contribuente, raggiunto da una comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, provveda al pagamento entro 60 giorni. La norma risponde a un’esigenza di buon senso, evitando che l’adesione al CPB venga vanificata nell’ipotesi di regolarizzazione dell’omesso versamento. È una correzione utile, ma non sufficiente a trasformare il CPB in uno strumento più appetibile.
Nel complesso, il decreto correttivo conferma l’impegno del legislatore nel raffinare l’architettura del Concordato Preventivo Biennale, intervenendo con aggiustamenti puntuali su aspetti applicativi e coordinamenti normativi. Tuttavia, al di là della tecnica, il provvedimento non imprime una svolta all’istituto, che continua a muoversi in una cornice rigida e selettiva. I nuovi interventi migliorano la coerenza interna del CPB, ma non ne accrescono significativamente l’attrattiva né semplificano il percorso di adesione.