Accertamento KO se mancano le effettive esigenze di verifica in loco
di Alessandro Borgoglio
L’articolo 12, comma 1, primo periodo, dello Statuto del contribuente (L. 212/2000) stabilisce che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di «esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo».
In base alla circolare 1/2018 della Guardia di Finanza, sono effettive esigenze di ricerca e controllo in loco quelle ascrivibili, per esempio, alla necessità di ricercare documentazione extracontabile di interesse ai fini della verifica fiscale, ovvero di accertamento della forza lavoro realmente impiegata e della relativa posizione contrattuale, nonché di rilevazione dei beni strumentali o di verifica dell’effettiva consistenza di cassa.
Secondo una recentissima pronuncia di legittimità, l’inosservanza della sopra riportata disposizione statutaria può determinare la nullità del provvedimento impositivo solo qualora i verbalizzanti abbiano eseguito un accesso nei locali dell’impresa in difetto delle indicate esigenze di ricerca e rilevazione “in loco”, dovendosi valutare nei casi in cui l’effetto invalidante non sia espressamente previsto dalla legge, nonché alla luce dell’interpretazione della giurisprudenza europea - che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca o meno a circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo dell’atto - se la violazione abbia comportato una mera irregolarità dell’atto ovvero se sia idonea a determinarne l’invalidità (Cass. 4905/2025 e, nello stesso senso, Cass. 1299/2020: in entrambi i casi le doglienze dei contribuenti non hanno comportato la nullità degli atti).
La prescrizione dell’articolo 12, comma 1, dello Statuto del contribuente, quindi, «non assume un rilievo tale per cui la sua violazione acquisisce, di per sé, efficacia invalidante dell’atto emesso sulle prove in tal guisa raccolte» (Cass. 23842/2024).
Per la suprema Corte, in sostanza, se il Fisco effettua degli accessi o delle verifiche in loco, senza effettive esigenze di ricerca e rilevazione nei locali di attività del contribuente, la violazione della disposizione statutaria non comporterebbe alcuna inutilizzabilità della documentazione acquisita irritualmente, né l’illegittimità derivata degli atti impositivi fondati sul materiale raccolto nel corso di tali accessi e verifiche.
Del resto, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, non esiste(va) nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, sicché l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, e tanto anche con riferimento all’attività della Guardia di finanza che, cooperando con gli Uffici finanziari, proceda a ispezioni, verifiche, ricerche e acquisizione di notizie, non osservando la disciplina processual-penalistica (tra le tante, Cass. 19344/2019, 22022/2014).
Tale posizione giurisprudenziale, tuttavia, non può più ritenersi condivisibile alla luce delle varie modifiche apportate allo Statuto dei diritti del contribuente, in attuazione della Delega per la riforma fiscale di cui alla L 111/2023, con cui si è inteso costituire il corpo organico delle regole delle invalidità tributarie: in particolare, assume rilievo in questa sede la disciplina specifica dei vizi dell’attività istruttoria, ovvero il nuovo articolo 7-quinquies della L. 212/2000, a mente del quale «Non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’articolo 12, comma 5, o in violazione di legge».
L’espressione adottata dal legislatore (“in violazione di legge”) è così ampia da ricomprendere una casistica estremamente variegata di violazioni che comportano automaticamente l’inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti: si va ovviamente dalla violazione dei termini di durata delle verifiche fiscali di cui all’articolo 12, comma 5, della Legge 212/2000 (“inutilmente” citato nella disposizione statutaria), finanche, per quel che qui interessa, all’insussistenza di “esigenze effettive di indagine in loco”, richieste dal comma 1 dello stesso articolo 12.
Oggi, pertanto, non vi è dubbio che, in caso di accesso o verifica presso i locali di attività del contribuente, l’assenza di effettive esigenze di indagine in loco, costituendo una violazione dell’articolo 12, comma 1, della L. 212/2000, comporti automaticamente l’inutilizzabilità del materiale probatorio acquisito nel corso di tali accessi o verifiche e, quindi, anche degli atti impositivi che su tale materiale si fondano.