A ciascuno il suo: i limiti soggettivi della confisca del profitto tributario… Aspettando le SS.UU.
di Alex Ingrassia
Con la sentenza 9973, depositata lo scorso 12 marzo, la Suprema corte ha offerto una pionieristica applicazione del “nuovo” perimetro della confisca per equivalente nell’ipotesi in cui il reato tributario sia stato commesso da più persone in concorso.
Un’eventualità tutt’altro che infrequente, specie ove sia ritenuto responsabile il professionista, infedele ai propri doveri, che consapevolmente collabori all’evasione del contribuente o, addirittura, lo istighi e lo consigli sulle modalità per sottrarsi illecitamente all’imposizione fiscale.
Nel caso deciso dalla Corte, tre ‘advisor’ fiscali avrebbero offerto a 621 imprese un complesso sistema fraudolento, fatto di false fatture utilizzate quale fittizia base documentale per crediti formazione 4.0 del tutto inesistenti.
Il risultato: indebite compensazioni con crediti inesistenti per oltre 2 milioni di euro.
Per tale ragione, nei confronti del ricorrente, era stato disposto un sequestro finalizzato alla confisca per equivalente proprio dell’intero profitto – oltre 2 milioni di euro – poi effettivamente eseguito sui suoi beni per un valore di 1,6 milioni di euro.
Il provvedimento di sequestro, emesso dal Gip e confermato dal Tribunale, è stato ricorso in Cassazione da uno dei tre advisor, che ne ha denunciato la sproporzione.
In breve: dagli atti d’indagine era emerso che il profitto delle indebite compensazioni era rimasto – ovviamente – in capo ai contribuenti, mentre i tre advisor erano stati complessivamente remunerati per la loro illecita attività in misura pari al 15 per cento di quanto indebitamente compensato.
Per questa via, il profitto del reato in capo al ricorrente non poteva che essere pari ad un terzo della complessiva retribuzione ricevuta per i consigli illeciti, dunque, poco più di 100.000 euro; dunque, secondo l’indagato, solo tale somma poteva essere oggetto di sequestro preventivo.
La questione giuridica è presto detta: è possibile la confisca – e il preliminare sequestro – dell’intero profitto del reato in capo a ciascuno dei concorrenti, operando il principio di solidarietà passiva tra gli autori dell’illecito (in sintesi: chiunque può pagare per tutti), oppure è prevalente il principio di proporzione, per cui ciascun partecipe deve rispondere esclusivamente della quota del profitto effettivamente incamerata (in sintesi: a ciascuno il suo)?
Entrambe le conclusioni trovavano dei precedenti favorevoli nella giurisprudenza di legittimità, tanto da aver richiesto l’intervento delle Sezioni unite, per dipanare il conflitto.
Tuttavia, al momento, si ha solo l’informazione provvisoria della decisione del massimo consesso della Suprema Corte, per cui: “in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali. I medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca per il quale l'obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti”.
Seguendo l’informazione provvisoria, con spirito doverosamente pionieristico, la terza Sezione ha annullato il sequestro, condividendo le ragioni del ricorrente e rinviando al Tribunale del riesame competente per ridefinire la portata del profitto effettivamente incamerato dall’indagato, limite quantitativo invalicabile del relativo sequestro preventivo.
Si tratta, a ben vedere, di una doverosa limatura di uno dei molti profili iper-riscossivi del sistema penale tributario: la confisca per equivalente può anche rivelarsi una efficace scorciatoia per ottenere la soddisfazione delle pretese erariali, illecitamente disattese, purché non si ponga in contrasto con principi costituzionali e diritti fondamentali inderogabili come la proporzionalità della pena.